Tra lacrime e baci

FF su Harry Potter

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  1. Guitar-chan
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    Buon salve gente. Come avevo detto anche in un altro vecchio topic, io la Gazzetta Heaven la utilizzo anche per pubblicare le mie, o nostre, storie U.U
    Questa l'ho pubblicata originariamente e solamente sul sito di fan fiction a cui sono registrata. Se trovate questa storia postata su un sito da me non indicato, per favore ditemelo, perché me l'hanno rubata, e ste cose non si fanno U.U
    Ecco, detto le cose serie passiamo a dare gli avvertimenti:
    Se siete dalla lacrima facile, procuratevi tutti i fazzoletti, tovaglioli, cartaigienica che avete in casa, altrimenti innondereste la casa XD
    Boh, è una George/Angelina (io non ci esco pazza per sto paring, ma sapete, io amo i rossi, quindi amo anche George e volevo decisamente scrivere una storia su di lui, e Angelina era l'altra parte del pacchetto XD)
    E non so che altro dire!
    Buona lettura :) e fatemi sapere un vostro parere :D


    P.S Spero non vi spaventiate per lo spoiler!! :D


    Si svegliò sudato, con mille brividi a percorrergli la schiena e un grido soffocato in gola. Le braccia gli tremarono quando stancamente si scostò le pesanti coperte di dosso e si mise seduto. Il cuore batté impazzito e il respiro mozzato scandì il tempo; flebili raggi solari si facevano strada tra i pesanti tendaggi illuminando di poco la stanza disordinata.
    Le mani corsero tra i capelli rossi, afferrandoli disperate.
    «Basta, vi prego, basta» mormorò, singhiozzante come dopo ogni incubo.
    Chiuse gli occhi, li strizzò e per l’ennesima volta rivisse quella maledetta notte.

    Entrò nella Sala Grande barcollando e con molte ferite sul volto e sulle braccia, sorretto da uno zoppicante Lee Jordan, l’amico di sempre. Tra i feriti e i cadaveri dei caduti, George scorse il profilo della madre chino su un corpo fin troppo familiare; con un tuffo al cuore il rosso si avvicinò il più velocemente possibile e le sue paure ebbero conferma: Fred pallido e un’espressione serena dipinta sul volto, nemmeno la morte era riuscito a strappargli l’ultima risata. Molly Weasley piangeva disperata, la testa del figlio in grembo, e accarezzava in un gesto quasi ipnotico la testolina rossa fino a poco tempo prima tanto vivace, ma il gemello sopravvissuto la sentì a stento per il dolore sordo che gli invase il petto.
    Gli occhi gli si riempirono di lacrime e digrignò i denti per cercare di non urlare, ma non riuscì a trattenere i singulti che iniziarono a scuotergli le spalle. Prese la mano fredda del fratello e si sentì ancora più male. Quella era la conferma che non sarebbe saltato su urlando: «Scherzetto! Stavo solo dormendo!»

    Un gemito soffocato si sovrappose al ricordo. Si premette i palmi delle mani sui bulbi oculari più che potette, procurandosi dolore fisico ma facendo scomparire momentaneamente l’immagine del fratello morto. Le lacrime scesero, seguendo il corso delle guance scavate; si scostò le mani dal viso e dinanzi a lui la specchiera gli rimandò il suo riflesso: un uomo distrutto dal dolore della perdita di una persona cara; pesanti occhiaie capeggiavano sulla pelle e gli occhi erano infossati anziché vispi, come erano solitamente, e che ora non erano che un contenitore vuoto. Vuoto proprio come si sentiva lui. Una rabbia cieca si impossessò di lui e scagliò il primo oggetto preso sotto mano, un bicchiere pieno, contro lo specchio che andò in frantumi spargendo pezzi di vetro e gocce d’acqua.
    Come poteva farcela se ogni giorno che si guardava allo specchio, se ogni giorno la gente lo osservava con quello sguardo misto a compassione e dolore, tutto gli ricordava che era identico a lui, a Fred.
    «Fred…» mormorò ad alta voce per la prima volta dopo tanto tempo, ma il sapore che gli lasciò in bocca quel nome era amaro.
    Le lacrime tornarono ad affacciarsi, si raggomitolò su se stesso, impotente al dolore, non riuscendo a sopportare oltre il peso della mancanza del fratello. I palmi coprirono nuovamente il volto, le unghie graffiarono il viso fino a farlo sanguinare e i singhiozzi riempirono il silenzio dell’appartamento.

    Un’altra persona, in un altro appartamento, stava riflettendo sugli avvenimenti degli ultimi mesi.
    Angelina guardava con sguardo perso fuori dalla finestra; la gente passeggiava tranquilla, iniziando a coprirsi con sciarpe di sgargianti colori e mantelli pesanti. Qualche fiocco di neve infatti era caduto durante la notte e il sole pallido faceva rilucere la poca neve depositata.
    La ragazza tremava per il freddo e la pesantezza del dolore. Le lacrime iniziarono a scendere da sole, serrò le labbra e trattenne i singulti, mentre con la mente ritornava a dopo la battaglia.

    Si svegliò con la vista appannata e sentì un gran male a tutto il corpo: alle gambe e alle braccia provava un dolore acuto che la fece gemere; la testa pulsante. Vedeva tutto nero, sbatté un paio di volte le palpebre finché infine riuscì a mettere a fuoco la stanza della Sala Grande. Si guardò intorno e vide una testa rossa familiare al suo capezzale, sorrise.
    «Fred…» sussurrò con voce roca Angelina.
    Il rosso alzò la testa e la guardò con occhi talmente vuoti e rossi dal pianto da metterle i brividi. Angelina provò a tirarsi su, ma a ogni movimento sentiva una fitta acuta alle giunture e le ferite pizzicare, il gemello l’aiutò a mettersi seduta. La ragazza però notò una cosa che la fece congelare al suo posto: gli mancava l’orecchio sinistro.
    «Dov’è Fred?» chiese iniziando ad agitarsi.
    Gli occhi di George si incupirono di più e si fecero lucidi, abbassò lo sguardo e questo le bastò. Scoppiò a piangere. I singulti le scuotevano le spalle mentre gemiti di dolore, questa volta non per le ferite, uscivano dalla sua bocca. Urlò. Urlò tutto il dolore che si sentiva dentro e pianse tutte le lacrime che aveva in corpo. Le braccia del rosso le circondarono le spalle, la ragazza si aggrappò a lui con disperazione e insieme piansero. Quando entrambi ormai si furono calmati, Angelina lo strinse per un ultima volta in un abbraccio.
    «Non mi lasciare, ti prego» disse Angelina con voce spezzata.
    George si limitò a tenerla tra le braccia e incrociare le sue dita con quelle di lei. Stretti così cercavano di darsi forza. La battaglia sarebbe finita, la guerra sarebbe finita, ma nessuno avrebbe fatto ritornare in vita Fred. Angelina non sapeva come sarebbe stato il suo futuro, ma il calore del corpo del gemello sopravvissuto la invadeva fin dentro l’anima, dandole speranza.

    Singhiozzò più forte, premette la mano sulle labbra per non far uscire più un suono, ma come sempre un gemito le sfuggì e il dolore si fece sentire acuto al petto, costringendola a strizzare gli occhi e a pensare a tutt’altro.
    «George…» mormorò quando la sua immagine degli ultimi tempi, quando abbozzava un debole sorriso, si affacciò nella sua testa, e decise che sarebbe andata a trovarlo.
    Angelina aveva iniziato a provare un calore inaspettato al petto ogni volta che pensava a George o era insieme a lui, e sentiva qualcosa smuoverle le viscere come non le capitava da molto ormai.
    Distrattamente indossò il mantello pesante e uscì dall’edificio, un attimo dopo con un sonoro schiocco si smaterializzò davanti alla porta dell’appartamento. Tentennò molto prima di bussare, osservando insistentemente il colore del legno e sentendo una fitta al petto. Lì ci viveva anche Fred, quando era ancora vivo. Scosse la testa chiedendosi come facesse George a riuscire a dormire o anche solo muoversi tra quelle pareti senza soffrire, ma si rimproverò da sola: George soffriva tantissimo, come lei. Quindi si decise e lentamente portò la mano chiusa a pugno sull’ebano.

    Qualcuno bussò alla porta, ma George non si mosse. Non voleva vedere nessuno della sua famiglia, venuti sicuramente a controllare che non avesse fatto qualche pazzia, come il suicidio. Al rosso però non era venuta nemmeno una volta in mente di compiere quel passo anche se la tentazione di stare con la sua metà era davvero forte. Il bussare si spense e Weasley tirò un sospiro di sollievo; smise di piangere ormai senza più lacrime e forze per sostenerlo. Si appoggiò al letto, chiuse gli occhi in un espressione dolorosa ed eccola lì di nuovo, l’immagine di suo fratello morto, a tormentarlo.
    Sentì un forte schiocco che gli fece spalancare gli occhi e davanti a sé trovò Angelina con le braccia incrociate sotto il seno e l’espressione di rimprovero.
    «Ho bussato, ma tu non rispondevi» disse rompendo il silenzio carico di tensione.
    «Ci sarà una valida ragione» disse George seccato, con la voce roca dal pianto e dal silenzio prolungato.
    La ragazza si sedette al bordo del letto, mettendo la mano sopra quella del rosso. Il suo sguardo diversamente da quello degli altri non era pieno di pietà, nei suoi occhi castani vi era solamente una grande comprensione e un dolore molto simile al suo, ma anche qualcosa che non riusciva a definire. In quei mesi erano riusciti a instaurare un rapporto più intimo di quello tra due amici, ma meno intimo di quello di una coppia.
    «Cosa ti sei fatto al volto?»
    Angelina prese la bacchetta pronta a curargli quei graffi, ma la mano calda e affusolata di lui le fermò gentilmente il polso, George scosse la testa per farle capire di non voler essere medicato e lei posò la bacchetta nella tasca del mantello; le loro dita si incrociarono.
    Ed eccolo lì, il cuore battere impazzito, quella sensazione di calore e l’attorcigliamento delle budella. Abbassò lo sguardo sulle loro mani unite e un piccolo sorriso le increspò le labbra.
    Angelina appoggiò la testa sulla spalla del rosso in un impulso improvviso e si beò del calore del corpo del ragazzo; chiuse gli occhi e il buio venne sostituito dall’immagine di Fred morto e una lacrima le solcò il viso, infrangendosi sulle loro mani unite.
    «Mi dispiace» disse George, spiazzando completamente l’amica.
    «Di cosa?»
    «Di essere identico a Lui»
    Angelina si irrigidì e lo guardò addolorata. «Sarai pur identico a lui, ma tu sei George, non Fred. Sei stato tu ad aiutarmi in questi mesi, c’eri tu quando l’ho saputo.
    «Entrambi soffriamo per la sua morte, ma mi fa soffrire di più vederti in questo stato» la mano di lei andò ad accarezzare il volto smagrito di George che la guardava sorpreso. «Ti prego, lascia che ti aiuti. Superiamolo insieme»
    Quelle parole le erano uscite dal cuore, le sentiva davvero e finalmente capì cos’era quella sensazione: amore. Aveva iniziato ad amare di nuovo, era riuscita ad andare avanti.
    Il rosso si sentì pervadere di uno strano calore che gli fece battere il cuore e trasmettendogli felicità, e sentì lo stomaco muoversi pensando ad Angelina e alle belle emozioni che gli infondeva dopo tanto tempo di buio.
    George avvicinò il viso a quello della mora, con la mano le accarezzò il volto tenendo sempre i loro sguardi incatenati. Le loro labbra si sfiorarono, si separarono e timorosi continuarono a scrutare gli occhi del compagno; si scambiarono un altro timido bacio, che durò più a lungo, e un altro, e un altro ancora, iniziando a prendere confidenza.
    Entrambi, assaporando le labbra dell’altro, seppero di potercela fare: si sarebbero tirati su a vicenda e sarebbero andati avanti, senza dimenticare.
     
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